Le ali delle farfalle sono fragili by Marco Venturino

Le ali delle farfalle sono fragili by Marco Venturino

autore:Marco Venturino [Venturino, Marco]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Giunti
pubblicato: 2023-03-09T00:00:00+00:00


15

L’alba ancora nemmeno si intuiva. Entrammo in casa disfatti da quella inutile e prolungata veglia.

«Stanotte mi fermo qui, mi sistemo sul divano» dissi a una Marzia che sembrava più un pupazzo di pezza che la donna che conoscevo. «Vai a dormire, io ho il turno al pomeriggio, non devo alzarmi presto domattina. Dopo penseremo al da farsi.»

Marzia neppure mi rispose e, praticamente, franò in camera da letto sprofondando in un sonno quasi immediato. La giornata l’aveva ridotta ai minimi termini. Tensione, paura, delusione, incertezza: c’era di che stroncare un orso!

Io girellai un po’ per l’appartamento. Cercai inutilmente un qualcosa di forte per resettare i neurorecettori che, anche per me, quel giorno avevano fatto gli straordinari ma Marzia era praticamente astemia e mi accontentai di un bicchiere di acqua frizzante. Poi tentai di sistemarmi sul divano ma il sonno non mi soccorse. Mi alzai di nuovo e mi affacciai alla finestra del salotto che dava sulla piazza sottostante.

E lo vidi.

Sì, non poteva che essere lui! C’era un uomo. Un uomo distinto, alto, un bell’uomo che osservava le finestre dell’appartamento di Marzia e, non ebbi alcun dubbio, stava sorridendo. Guardava e sorrideva. No, sogghignava.

Non avevo mai conosciuto Giorgio Lanfranconi, ma chi altri poteva essere, alle tre del mattino, concentrato sulle finestre di quell’appartamento? Con le descrizioni, anche se piuttosto sommarie, che avevo avuto e la visione della fotografia rubata in casa di Marzia, prima che me ne liberassi, non mi potevo sbagliare. Era lui. Non c’era dubbio.

Mi scorse alla finestra e annuì, con quel suo ghigno inquietante. Mi sentii penetrato dal suo sguardo e in parte capii cosa volesse dire essere violentati. Quell’uomo era imperturbabile, assolutamente indifferente al fatto che l’avessi individuato. Anzi, pareva quasi soddisfatto di essere stato scoperto e potermi fissare: sicuro della propria forza, del proprio diritto e della propria ragione. Quasi eccitato dalla mia incertezza e dal mio sgomento. Era un vincente che aveva identificato un perdente. Un forte che non può che sentirsi a proprio agio nello smascherare nell’avversario il più debole.

Il più forte infatti era lui, malgrado l’arresto, malgrado la galera, malgrado la supposta pubblica esecrazione. Il più forte era lui, non c’era storia, era bastato uno sguardo a stabilirlo. Si allontanò con le mani in tasca e la tranquillità di chi si gode la passeggiata domenicale tra le vie del suo quartiere.

Fui assalito dall’ansia: cosa dovevo fare? Il primo impulso fu quello di aprire la finestra e gridargli contro: «Ehi! Cosa vuoi? Maledetto bastardo!».

Ma a quell’ora del mattino un pazzo che urla dalla finestra avrebbe solamente potuto mettere in allarme gli insonni e gli addormentati della zona, permettendo a quel figlio di puttana di andarsene, come peraltro stava già facendo, con tutta calma. Con l’unico risultato di guadagnarsi improperi e magari una denuncia per disturbo della quiete pubblica. Scartai l’ipotesi sul nascere.

Poi mi venne in mente di scendere di corsa e affrontarlo a viso aperto. Ammesso che fosse lui; anche se questo dubbio era solamente una giustificazione interlocutoria, cosa avrei ottenuto? Uno che dopo un anno di galera aveva già il coraggio di ripresentarsi lì, sicuramente non si sarebbe spaventato.



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